domenica 8 febbraio 2015

Usi Civici, bene ambientale collettivo

dibattito su territorio e ambiente

Beni di uso civico «Farne un utilizzo che sia sostenibile»

Dagli ambientalisti Giovanni Cialone e Alfonso De Amicis riceviamo e pubblichiamo: «L’uso civico ci riporta alla concessione medievale della proprietà collettiva particolarmente viva nell’Italia...


Dagli ambientalisti Giovanni Cialone e Alfonso De Amicis riceviamo e pubblichiamo: «L’uso civico ci riporta alla concessione medievale della proprietà collettiva particolarmente viva nell’Italia meridionale e derivante dalle tradizioni di diritto feudale; mentre nell’Italia settentrionale derivava dalle tradizioni di diritto germanico. Questi beni per la collettività rappresentano un diritto reale di godimento perpetuo, inalienabile, imprescindibile, inusucapibile e occupano un bel pezzo dell’alta collina e della montagna dell’Abruzzo interno. Hanno rappresentato, dal medioevo fino ad oggi, una protezione sociale ed economica per la parte più debole della collettività che l’utilizzava per il legnatico, per il pascipascolo o per la semina. Più di recente, a sottolineare il loro valore culturale ed ambientale, è intervenuto l’articolo 142 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio che li sottopone a vincolo paesaggistico. La gestione degli Usi Civici è affidata o ai comuni o alle Amministrazioni dei Beni Separati, una miriade di micro entità mal coordinate e così, spesso questi beni sono soggetti a pressioni antropiche ed a veri attacchi speculativo. I pericoli sono molteplici e vengono da più parti. Essi sono di natura istituzionale e legislativa oltre che storico-culturale e finanziaria. Il recente decreto Salva-Italia voleva svendere queste terre autorizzando i Comuni a cedere i beni di Uso Civico. Nuovi tentativi di mercificare le terre collettive porterebbero a forti opposizioni fino ad arrivare al ricorso alla Corte europea. E' utile ricordare di nuovo che le proprietà collettive sono immutabili nella loro destinazione agrosilvopastorale e non vanno considerate come retaggi del passato ma come beni vivi utili ad una gestione sostenibile dei terreni con i quali promuovere la diffusione di un’agricoltura contadina, locale, naturale e di sussistenza nel pieno rispetto dell’ambiente e del territorio. Il pascipascolo, il legnatico e i mutamenti di destinazione d’uso sono invece, nella nostra zona, le attività più frequenti e spesso utilizzando il mutamento di destinazione d’uso si permette l’apertura di cave e l’escavazione di grandi quantità di calcare che va per altri lidi. Succede che tutte le regioni confinanti con l’Abruzzo hanno regolato con norme stringenti l’apertura e la coltivazione di cave mentre da noi non esiste pianificazione in materia. Siamo diventata la cava del centro Italia e grandi quantità di ottimo calcare a prezzi più che competitivi finisce fuori regione mentre a noi rimangono grandi ferite che disegnano il paesaggio. Intorno a L’Aquila la maggior parte delle cave sono su terreno di uso civico. Per sua natura la gestione dell'Uso Civico , da parte delle Amministrazioni Separate, non può e non deve avere come orizzonte forme di mercantilismo e economicismo e non si possono mantenere solo rapporti giuridici basati su formalismi esasperati. Bisognerebbe fare un salto di qualità ed, insieme all’oculato soddisfacimento dei bisogni della collettività, percorrere strade peraltro già tracciate. In diverse zone del paese si muovono forze sociali ed istituzionali che propongono percorsi alternativi. Esempi ci vengono dalle Regioni a noi prossime: Lazio e Umbria. Nelle Regioni citate si sono poste le basi per proposte di leggi che tengano insieme tutela dei beni comuni e possibilità di sviluppo. Una forma di sostegno verso le nuove generazioni, elementi propositivi per il ripopolamento di vaste zone dell’Appennino. Recupero e rilancio di attività scomparse o in via di estinzione, recupero di forme di agricoltura di prossimità lontane da qualsiasi mercatismo e antitetiche alle facili mode come l’Ethaly. Sarebbe il caso che la Regione Abruzzo prendesse esempio dalle regioni vicine oggi che la politica prova a parlare, dopo anni di silenzio, dell’Appennino ripartendo da Ape e dalla Convenzione dell’Appennino e Slow Food lancia gli “Stati Generali Delle Comunità dell’Appennino”. Va bene ma centrale in tutto questo rimane la questione degli Usi Civici intesi come bene ambientale collettivo e la prospettiva di un loro utilizzo sostenibile».
Giovanni Cialone
e Alfonso De Amicis

da il Centro

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