«Furto nella teca di Celestino, che tristezza»
Intervento di Giulio Pimpo fratello del monsignore che nel 1972 finanziò la nuova urna del Papa
TEMPERA. Sul furto nella teca di Celestino V interviene Giulio Pimpo di Tempera: «C’è molta tristezza e sconforto per quanto successo appena la vigilia del Santo Natale. Il furto nella teca di Celestino V rappresenta il degrado che spesso accompagna la vita di questi giorni che invece dovrebbero, rappresentare la riconciliazione con la vita e con l’insegnamento verso la Pace, l’Accoglienza, L’Umanità. Ed in effetti la violazione dei sigilli dove era conservata la medaglia donata da Paolo VI e sostituirla con una copia esercita su di me un sentimento di riprovazione e di sdegno. Quella medaglia così come l’urna sono legate alla figura di mio fratello monsignor Mario Pimpo. E’ cronaca del giovedì 24 agosto del 1972 quando il prelato di Tempera donò una nuova urna nella quale le reliquie di San Celestino furono depositate per poi tornare a... casa sua e cioè nella Basilica di Santa Maria Collemaggio. Ricordo bene che non si trattò di un "dono"bensì di qualcosa più grande di meno terrestre (l’opera fu finemente cesellata dall’orafo dell’Aquila Cardilli, e frutto di una tradizione familiare il che ebbe il meritato riconoscimento di due Pontefici quali Pio XII e Giovanni XXIII). Dopo qualche giorno dalla donazione l’urna fu trasportata a Castelgandolfo ed a scortarla un piccolo gruppo di fedeli tra i quali Luigi e Vincenzo Cardilli. L’opera fu presentata a Paolo VI dall’Arcivescovo dell’Aquila Monsignor Costantino Stella. In un angolo della sala defilato c’era mio fratello che con modestia e pudore assistette alla cerimonia quasi voler ricordare le sue origini abruzzesi forti ma gentili. Tuttavia il suo fare schivo ed umile era un unicum con l’amore per la sua terra la sua comunità religiosa dell’Aquila e di Tempera.
A testimonianza di ciò oltre a quanto ricordato è da citare una lunga lettera indirizzata all’allora sindaco Tullio De Rubeis affinché si mettesse mano alla Chiesa di Santa Maria del Presepe a Paganica onde evitare che la stessa subisse i danni del tempo. Così come va rivissuto quello che per lui era stato un sogno coltivato fin dai tempi di giovane seminarista. Restituire a Tempera ed ai suoi parrocchiani la Chiesa Madre e la sua canonica. Mi sarebbe di conforto, e penso soprattutto all’impegno sacerdotale di mio fratello verso la comunità ecclesiastica(e non solo)dell’Aquila e del mio paese affinché le varie vicende storiche che per diversi anni hanno attraversato la nostra memoria non vengano né perdute ne confuse con vicende che poco hanno a che fare con il sentimento di migliaia di fedeli.
D’altro canto lo spirito che ha mosso mio fratello Monsignor Pimpo è sempre stato quello della buona lettura della giovialità,
affabilità e della disponibilità verso il prossimo. Ho voluto scrivere questa piccola nota in occasione del Santo Natale e per restituire un pizzico di verità circa l’urna di Celestino V e consegnare alla pura cronaca lo spiacevole episodio di questi giorni».
da il Centro
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